sabato 27 giugno 2015

Il vostro Owlstoryteller al Convegno nazionale di Etologia a Parma; tra gufi, gamberi e anacardi!

Studio i gufi da tanti anni (ormai oltre 25), ma dopo aver letto svariati libri di Niko Tinbergen (uno dei miei preferiti è Naturalisti curiosi), del mitico Lorenz (‘l’Anello di Re Salomone), e più recenti Corvi d'inverno di Heinrich o Mc Gowan emerge sempre forte la mia passione per l’etologia.
In effetti, studiando i gufi o altri animali puoi dedicare le tue attenzioni da ricercatore verso vari orientamenti, ma lo studio del comportamento animale (etologia) mi rapisce da sempre. Ho partecipato a convegni di ornitologia (italiani e internazionali), erpetologia, teriologia, di fauna generale..ma in questi ultimi giorni la mia partecipazione a Parma al XXVI Convegno Nazionale della Società di Etologia, è stato davvero interessante e coinvolgente.
La mia partecipazione è avvenuta con un contributo scientifico, che abbiamo presentato come poster insieme alle mie care amiche Alice Cipriani, Chiara Guadagnini e Giulia Tebaldi.
Alice, Giulia e il vostro Owlstoryteller Marco davanti al nostro poster
Un lavoro scientifico che ovviamente non poteva che riguardare i nostri amati gufi.
Il titolo del lavoro presentato nella sezione “il comportamento nello spazio e nel tempo”  denota molto bene i contenuti: Lo svernamento del Gufo comune Asio otus in Italia: parametri e preferenze ambientali nella selezione di un dormitorio.
poster sullo svernamento del Gufo comune (Ph. M.Mastrorilli)
Il Gufo comune Asio otus è uno Strigiforme che mostra un’evidente espansione del suo areale riproduttivo nel corso degli ultimi 15 anni, mentre sono pochi gli studi relativi allo svernamento della specie. In inverno sono numerosi gli individui dall’Europa centro-settentrionale che migrano verso sud e scelgono l’Italia come quartiere di svernamento.
L’abitudine di svernare in aggregazioni localizzate in roost (dormitori) su alberi permette l’analisi dei comportamenti dei diversi gruppi di gufo comune nella selezione dei posatoi e degli ecosistemi. I dati sono stati catalogati in una scheda che prevede l’analisi della consistenza demografica dei roost, alcuni parametri ambientali (vicinanza a corpi idrici, edifici), il disturbo antropico e la selezione di un essenza arborea.
Dal 2006 ad oggi (2015) abbiamo raccolto dati per ben 78 dormitori distribuiti in 10 regioni e 28 province: il campione più vasto mai raccolto in Europa. Il numero più elevato dei roost si trovano nella provincia di Venezia. 
Nel complesso il 21,4 % dei dormitori invernali, sono costituiti da 1 a 3 gufi, da 4 a 10 (54,5 %), da 11 a 20 (11,6 %), più di 20 (10,9 %), mentre quelli molto numerosi con oltre 50 individui è uno solo. 
I risultati evidenziano la preferenza dei gufi verso dormitori di piccole dimensioni, tra 4 e 10 individui (75,9 %). 
La plasticità del gufo comune ha permesso a questo predatore una distribuzione sempre più ampia in Italia nel periodo invernale, ma si evidenzia la preferenza a vivere in comunità di piccole dimensioni.
I lavori presentati al convegno, trattavano animali domestici e selvatici per questo abbiamo ascoltato e poster ed assistito a comunicazioni davvero interessanti. 
Potete leggervi e scaricare l'Abstract Book del Convegno nazionale della Società Italiana di Etologia cliccando in questo pagina
La grafica del Convegno (ph. Marco Mastrorilli)
Tra l’altro sono disponibili on-line perché potete scaricare l’Abstract Book nel quale troverete moltissimi articoli interessanti: si parla di pesci, di insetti, di cani e gatti, di ornitofauna (il nostro però è l’unico articolo legato al mondo dei gufi), insetti e anfibi.
Alcuni di questi lavori mi hanno colpito ed incuriosito e sebbene siamo estranei al mondo dei gufi vi segnalo alcune curiosità, che spero siano di vostro gradimento. 
Giovedì ad esempio, ho ascoltato la comunicazione di Martina Duse Masin, una delle più interessanti a mio giudizio, perché parlava del contenimento del Gambero della Louisiana Procambarus clarckii, una di quelle specie chiamate aliene, perché rilasciate in un continente (Europa e quindi Italia), e pur arrivando da altri mondi, diventano tanto abbondanti da divenire un grande problema ambientale e faunistico.
Spesso il sistema ritenuto più semplice è quello dell’eradicazione, attraverso l’eliminazione diretta: parlando di gamberi e per dare l’idea per eliminarli il sistema migliore è metterli in pentola! Queste specie arrivando in Italia entrano in competizione con i gamberi italiani creando enormi problemi per questo si rende necessario un controllo.
Martina Duse Masin con il suo team di lavoro, ha presentato questo lavoro “Applicazione della SMRT per il controllo di Procambarus clarckii”.
Il sistema illustrato al Convegno di Parma, presenta la SMRT (Sterile Male Release Technique), ovvero il rilascio di maschi precedentemente catturati e sterilizzati in natura, potrebbe essere applicata anche al controllo di decapodi invasivi, quali Procambarus clarkii considerato tra le 100 peggiori specie invasive d’Europa. 
La tecnica presentata è innovativa per questi gamberi, che sinora trovavano come unica misura di controllo  l’eliminazione meccanica. Tra l’altro il processo di di SMRT, ovvero di sterilizzazione dei maschi è stato studiato per impedire la fecondazione, ma senza alterare in alcun modo il display (comportamenti) riproduttivi sessuali e di corteggiamento della specie. 
I risultati conseguiti in Toscana sono molto interessanti poiché sebbene svolti su una comunità non troppo grande evidenziano una forte contrazione delle popolazioni locali di gamberi che non posso di fatto riprodursi in massa. Questo lavoro è stato svolto nell’ambito del progetto LIFE RARITY (LIFE/10/NAT/IT/000239). Per contattare Martina Duse Marin potete scrivere qui
Se questa storia dei gamberi alieni vi appassiona vi consiglio di buttare uno sguardo a questo sito è dedicato che vi permette di scoprire anche molti aspetti legati a questa specie e contribuire segnalando l’osservazione di questi animali vicino alle vostre case o comunque nelle vostre zone.
Vi piacciono gli anacardi? 
Scommetto di si, ma sappiate che nelle terre di produzione (es. Costarica, Brasile e sud America), c’è un animale che ne è molto ghiotto che non pensa ad altro che a soffiarci questa leccornia: è il Cebo una simpatica scimmia delle foreste.
Molto interessante in questi termini è lavoro presentato da Elisabetta Visalberghi, una delle etologhe più famose ed esperte d’Italia, sul rapporto che si è creato tra i cebi che popolano le foreste e gli anacardi, che vengono consumati da questi primati, nelle varie fase di maturazione. 
Ecco il titolo del lavoro che trovate nell’Abstract book: “Fattori che influenzano l’ottenimento degli anacardi da parte dei Cebi selvatici”.
un Cebo dormiente!!! 
L'albero di anacardo (Anacardium spp.) è una pianta originaria del Nord Est del Brasile, capace di produrre delle noci, il cui seme è molto nutriente. Il seme è circondato da un mesocarpo che contiene sostanze caustiche, dette CNSL (sostanze liquide quando il frutto è verde e non completamente maturo; resinose quando il frutto è marrone e maturo). Lo scopo di questa ricerca è stato di verificare a analizzare i comportamenti utilizzati da una popolazione selvatica di cebi dai cornetti (Sapajus libidinosus) che popolano l’area intorno a Fazenda Boa Vista (Piauí, Brasile) per ottenere il seme evitando il contatto con il CNSL.
L’anacardo infatti, ha una fase di fruttificazione con un frutto simile ad una piccola mela, poi si la fase con le noci (quelle che mangiamo noi) ancora verdi, ma comunque gradite ai prima e la parte terminale quando l’anacardo è del tutto simile alle nostre noci; quindi va sgusciata. Per ottenere il seme dalle noci verdi bucano il mesocarpo sfregandole su una superficie ruvida e poi estraggono il seme con il dito indice; per ottenere il seme delle noci marroni usano un percussore per romperne il guscio. 
Lo studio del team di Visalberghi ha mostrato molti interessanti osservazioni sul comportamento di queste scimmie ma in futuro saranno realizzati altri monitoraggi che dovrebbero chiarire perché altre popolazioni di cebi non processano gli anacardi in questo modo. 
Se siete appassionati di fototrappole, in questo lavoro "Relazione tra neofobia e ampiezza di nicchia trofica in alcuni mesocarnivori" (realizzato da Alessandro Balestrieri, Andrea Gazzola, Filippo Asnaghi, Paolo Galeotti, Nicola Saino) si affrontano varie dinamiche sulle attività trofiche di volpi, martore e tassi.
Ebbene come appare da questo stralcio del poster, la tabella riassuntiva qui ci sono le esche preferite per attirare gli animali davanti alle fototrappole.
Ecco le esche preferite per il fototrappolaggio da Volpe, Martora e Tasso (ph. M. Mastrorilli)
Un altro lavoro molto interessante è stato realizzato da Cristina Castracani, che ha parlato di Citizen Science, ovvero una metodologia di ricerca nella quale io credo molto, moltissimo. 
Il suo lavoro si intitola: Science by the People: sfide e opportunità della Citizen Science nella ricerca etologica. A cura di Cristina Castracani, Fiorenza Spotti, Donato Grasso e Alessandra Mori.
Ma cos’è la Citizen Science? 
Il termine arriva dall’inglese e tradotto letteralmente Citizen science significa Scienza dei cittadini. Anche nel convegno mondiale sui gufi di Groningen nel 2007, se ne era parlato, impostando il discorso sullo studio della biologia e distribuzione dei gufi.
Questa metodologia illustra una serie di attività, che portano i ricercatori a cercare nella gente comune dei collaboratori per portare avanti ricerche che possono coinvolgere tutti i cittadini. Un team di volontari, che sebbene non siano tecnicamente preparato, può supplire con entusiasmo e volontà per partecipare attivamente ad una ricerca scientifica e il ricercatore trova quindi nuove leve per potare avanti molteplici progetti. 
Ovviamente ci sono lati positivi e negativi in questi procedimenti di studio, ma impiegati nel modo più adeguato i monitoraggi con la cosiddetta Citizen Science possono produrre effetti benefici.
Persino la ricerca sullo svernamento dei gufi, è stata portata avanti in una fase iniziale con un progetto di Citizen Science che si chiamava Gufiamo, lanciato dal Gruppo italiano Civette con tanto di sito web, oggi non più attivo. Ma fu pubblicato un articolo scientifico al Convegno Italiano di Ornitologia se vuoi leggilo qui. 
La Citizen Science ha portato un significativo contributo in molti campi come l’astronomia, l’ornitologia, l’ecologia e la salute pubblica e rappresenta una opportunità da prendere in considerazione anche per gli studi sul comportamento animale. Cristina Castracani che si occupa di Mirmecologia, ovvero lo studio delle formiche ha presentato un progetto al quale ha collaborato attivamente: Il progettoThe School of Ants, a scuola con le formiche” nato dalla collaborazione tra il Laboratorio di Mirmecologia dell’Università degli Studi di Parma ed il Laboratorio del Prof. R. Dunn dell’Università americana del North Carolina, rappresenta uno dei pochi esperimenti italiani in cui la Citizen Science è stata impiegata anche per rispondere a quesiti etologici. 
Nel complesso, due giornate trascorse con Alice e Giulia, che mi hanno permesso interessanti approfondimenti naturalistici, che sebbene non legati direttamente al mondo degli Strigiformi mi hanno aperto interessanti quesiti e hanno stimolato molte nuove idee di lavori da portare avanti sui gufi!
Della serie prossimamente ne vedrete delle belle
Nel frattempo mi auguro abbiate fatto una buona lettura e ricordo sempre che chi vuole collaborare con me lo può fare, basta scrivermi qui, e potrete vivere anche voi per un giorno da gufologo oppure collaborare con me su alcuni dei progetti che stiamo portando avanti.
Un gufociao dal vostro owlstoryteller! 



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