sabato 31 gennaio 2015

Una civetta toscana in difficoltà 

31 gennaio 2015

Stamani alle 9 ho ricevuto una chiamata da parte di una amica che non vedevo da qualche tempo. 
Raffaella si trova a Pisa, da una sua amica e mi confida di avere un problema. Saranno due anni che non la sento, ma subito intuisco perché mi ha chiamato.
Una civetta, mi racconta, si è introdotta in casa, tuffandosi nella canna fumaria. 
Non riuscendo a tornare libera si è ferita nel tentativo di liberarsi, sbattendo più volte contro le vetrate. 
La civetta adulta trovata ferita a Pisa da Raffaella (ph. M.Mastrorilli)
Poiché oggi Raffaella è di ritorno in Lombardia, deve passare da Piacenza e forse ho in mente una soluzione per aiutarla. Dopo avermi detto che la civetta mostra una piccola ferita all’ala e che in Toscana non ha trovato nessuno (Lipu o forestale) disponibili ad aiutarla, decidiamo di trovarci all’uscita di Piacenza Sud, sulla sua strada di ritorno. 
Verso l’una, Raffaella mi avvisa che è quasi arrivata al casello e quindi parto, ma nel contempo il suo sms mi informa che non ha trovato una scatola di cartone per la civetta. e la sta portando con “involucro di panni”. Meglio di nulla.
La scatola di cartone, tuttavia è molto importante per poter trasportare un animale ferito e lasciarlo tranquillo. 
Mai usare una gabbia, perché gli uccelli selvatici se si spaventano potrebbero agitarsi e ferirsi. La scatola di cartone, quindi la porto io. 
Il rendez-vous è perfetto. Ci troviamo all’uscita e dopo un bacio di saluto a Raffaella, mi dedico alla civetta. La prendo in mano, verifico, facendo scorrere l’indice sullo sterno carenato, il grado di denutrizione e osservo le condizioni generali. 
La ferita non è molto profonda e non pare grave ma è pur sempre una lacerazione sull’ala e vista la mia esperienza è meglio non sottovalutarla. La civetta si muove, è abbastanza magra, ma comunque ha buona energia ed è vitale. Non è una situazione disperata o grave, ma necessita un corretto approccio terapico. 
Dopo aver spiegato a Raffaella che non sarà possibile liberarla a breve, la informo che la porterò in giornata ad un Centro di Recupero Rapaci, perché ritengo abbia bisogno di una visita specialistica e di cure veterinarie. 
Nella mia vita ho recuperato diverse centinaia di civette ed altri rapaci notturni in difficoltà (sono stato responsabile della LIPU di Bergamo ed ho collaborato per anni con un Centro rapaci del WWF) e quindi ormai ho maturato una certa esperienza, anche per capire quando è necessario un intervento veterinario o quando l’animale è al contrario pronto per essere liberato. 
Marco con la civetta pochi minuti prima di portarla al Centro di Recupero 
Comunque una volta salutata Raffaella che si avvia a tornare a Milano, mi dirigo anch’io verso casa. Una breve pausa pranzo e decido, prima di portare la civetta al CRAS di girare un brevissimo video per spiegare a tutti una cosa molto importante per un corretto pronto soccorso su gufi e civette. Non voglio anticiparvi nulla, a breve monteremo il video e lo lanceremo nel canale GUFOTUBE. Sono convinto che sia molto importante comunicare alla gente che trova gli animali feriti o in difficoltà un giusto approccio per non creare danni peggiori a quelli già presenti sul corpo dei rapaci. Ovviamente tutti operano in buona fede e pensando di aiutare i rapaci ma qualche indicazione corretta può aiutare i rapaci in difficoltà finché restano in mani poco esperte.
In attesa del video, che spero potrà esservi utile, vi mando un saluto e speriamo che la civetta nel centro di recupero, ora possa trovare la giusta cura. 
Tra qualche giorno chiederò  al centro come sta e vi informerò. Buon weekend! 

Per collaborare con me e sui miei progetti, per quesiti o per avere delucidazioni su cosa fare quando si trova un rapace ferito, scrivetemi qui o al cell. 340 76 34 208. 

A tu per tu con il gufo comune un nuovo video da vedere su GUFOTUBE

E' on line A TU PER TU CON IL GUFO COMUNE

il nuovo video del canale Youtube  GUFOTUBE 

tutto quello che vorreste sapere sui gufi

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venerdì 30 gennaio 2015

Perchè i gufi gonfiano il piumaggio quando dormono?

In un blog dedicato ai gufi prima o poi era doveroso parlare del gufo comune. Asio otus, quindi perché non cominciare oggi?
Una delle caratteristiche peculiari di questo Strigiforme è la capacità di aggregarsi, durante la stagione invernale, in dormitori che sono chiamati “roost” (in italiano il termine roost vuol dire: posatoio), nei quali è possibile contare anche svariate decine di  individui svernanti. 
Durante il giorno i gufi si riposano sonnecchiando pigramente sui rami mantenendo, pur sempre, un occhio vigile. All’arrivo del crepuscolo, cominciano a muoversi, dirigendosi verso gli areali di caccia. Un fenomeno sociale affascinante, che ci darà molti spunti per post futuri. 
Occhi socchiusi, ciuffetti eretti mimetismo alla massima potenza di un gufo (foto di M.Mastrorilli)
Il fenomeno dei roosts di gufo comune è un fenomeno in espansione in Italia a livello numerico; ovvero sono aumentati questi dormitori, sebbene siano calati i numeri di individui presenti in ogni singola aggregazione. 
Questo significa che alcuni grandi roosts, con numeri da record per il nostro Paese, come quello di Milano (che aveva raggiunto la cifra record di 73 gufi negli anni ’90) o quello pugliese nel Bosco dell’Incoronata che superava i 100 individui, hanno visto progressivamente un calo significativo degli individui svernanti. 
In alcuni paesi del Veneto orientale, ad esempio, i roosts contano pochissimi individui, ma sono spesso più di uno per ogni paese. 
Un gufo comune sonnecchiante e rigonfio (foto di Chiara Guadagnini)
La tendenza di moda: è più roost, ma con meno gufi! 
Il fenomeno gregario del gufo comune è peculiare del periodo invernale, perché nel resto dell’anno questi predatori scelgono un partner per dar vita ad una normale vita di coppia!
Il gufo comune denota un trend demografico positivo a livello continentale che si riflette con una crescita delle popolazioni ed un’espansione dell’areale di distribuzione. 
Racconteremo spesso curiosità dei roost in questo blog, stiamo preparando anche un video speciale per il canale gufotube, ma oggi, vi racconterò di un curioso atteggiamento che si nota, con più facilità proprio nei dormitori invernali.

Un roost di gufi comuni su una betulla; facili da vedere 6 individui (foto di Marco Mastrorilli)
Perchè i gufi “gonfiano” il piumaggio quando dormono?
La colorazione è davvero molto criptica, ma la disposizione del piumaggio è in grado di mostrarci i nostri gufi comuni con un aspetto apparentemente insolito. 
Quando li vediamo dormire posati sui rami, esposti a qualche timido raggio solare invernale, i gufi ricorrono ad un tecnica di termoregolazione, tipica di molte specie ornitiche, che consiste nel “gonfiare” il piumaggio per limitare la dispersione del calore corporeo. 
Sembrano davvero rapaci paffuti, ma questa tecnica permette loro una perfetta efficienza nel trattenimento del calore corporeo. Quindi minor dispersione di calore, significa un “risparmio energetico”, nel momento dell’anno in cui è più difficile trovare e cacciare le prede. 
Se i gufi sono sollecitati da una presenza che li minaccia o li inquieta, cambiano completamente aspetto. 
I ciuffetti auricolari (ciuffi di piume, che la gente sovente scambia per le orecchie) vengono eretti verticalmente dal gufo per divenire più criptici. 
Il gufo si è svegliato (foto di M.Mastrorilli)
La silhouette si allunga e la loro perfomance mimetica assume risultati eccelsi, il gufo in questo modo diventa, specie se appoggiato al tronco, un perfetto esempio di mimetismo criptico; così efficace che lui stesso ne è fortemente convinto! 
Se girando in un bosco, doveste incrociare lo sguardo con un gufo comune, lui è talmente persuaso della sua invisibilità, che si involerà solo quando sarete a pochi metri. 
Questi due diversi aspetti esteriori, conferiti dal piumaggio al nostro elegante gufo comune, ingannano i neofiti del birdwatching, che sovente pensano di trovarsi di fronte a un gufo comune con un eclatante caso di dimorfismo sessuale o addirittura di un individuo giovane. 
Apparentemente un gufo “rigonfio” è molto più grande di uno in stato di all’erta. Se non si conosce la specie, si è portati a credere che abbiamo di fronte a noi un maschio (più piccolo) o una femmina. Sebbene sia noto che le femmine dei rapaci sono più grandi, la differenza in peso tra i sessi, in questo rapace non è visibile. 
Addormentati e paffuti o “magri” e in stato di allerta, in entrambi i casi, sono certo che questi pennuti li ameremo. Del resto i gufi comuni avevano suggestionato anche il celebre Plinio, che nella sua Historia naturalis, descriveva il gufo denominandolo Asio, che significava rapace notturno con i ciuffi e si suppone che tal nome derivasse dal latino Asinus. Facile intuire il collegamento.
Se avete quesiti o altre curiosità da chiedermi non esitate a scrivermi qui gufotube@gmail.com e se amate i gufi continuate a seguirmi.

Vi consiglio qualche lettura sullo svernamento dei gufi comuni:
Ringrazio Angelo Nardo, Giacomo Sgorlon e Maurizio Marrese per alcune informazioni sui roost in Veneto e Puglia. 


martedì 27 gennaio 2015

Perchè si chiama Barbagianni? (1° puntata della serie i nomi dei rapaci notturni)

Siamo appena partiti con questo affascinante progetto di conoscenza reciproca e di divulgazione del mondo segreto dei gufi ed ho pensato che per molti di voi potesse essere interessante scoprire per quale motivo i rapaci notturni, che gli inglesi chiamano genericamente owls, in italiano abbiano generato nomi così diversi e persino curiosi.
Come certo saprete, i nomi civetta, allocco, barbagianni, assiolo ecc non sono altro che i nomi italiani delle specie, che però hanno anche un corrispettivo binomio latino che corrisponde al nome scientifico, che ritroviamo nella classificazione sistematica.

Splendido barbagianni della sottospecie nominale Tyto alba alba (foto di Chiara Guadagnini)

Nel lontano 1946, Edgardo Moltoni, che è tutt’oggi considerato il padre dell’ornitologia italiana, autore di volumi storici fondamentali nell’evoluzione delle conoscenze storiche delle popolazioni di uccelli italiani, scrisse un interessante, quanto illuminante articolo sull’etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani. Sono certo, che se non avete letto quell’articolo apparso sulla Rivista Italiana di ornitologia di 59 anni fa, troverete queste curiosità interessanti.
Iniziamo questo viaggio, a puntate, alla scoperta della genesi dei nomi dei rapaci notturni italiani. 
Il primo protagonista è il barbagianni che deve il suo nome dal latino bàrba = barba e géna= guancia, che deriva dalla presenza di un disco facciale nel quale si evidenziano la presenza di piumini piccoli e flessibili dall’aspetto quasi setoloso.
Il nome scientifico Tyto alba ha origini meno certe e più misteriose stando a quanto scriveva Moltoni, si pensa che Tyto derivi dal vocabolo greco Thutes= sacerdote, poiché questo elegante predatore abita anche campanili e chiese. Il termine alba è più facile da associare a questo predatore, poiché è certamente correlato al candido piumaggio del nostro barbagianni e infatti deriva dal latino albus = bianco.
In Italia saltuariamente scendono per svernare alcuni barbagianni dal petto scuro e fortemente punteggiati, questo barbagianni sono classificati in una sottospecie diversa dalla nostra (sottospecie nominale alba) e sono denominati Barbagianni settentrionali o scuri Tyto alba guttata, il cui nome della sottospecie, ovvero "macchiata" dal latino gùtta= goccia o macchiolina per ricordare le punteggiature del petto di questa sottospecie, comunque rara nel nostro Paese.
dorso con un piumaggio molto grigio, peculiarità della sottospecie settentrionale Tyto alba guttata (foto di M. Mastrorilli)
il petto di un Tyto alba guttata presenta una colorazione aranciata e una forte presenza di puntini (foto di M.Mastrorilli)

In Italia abbiamo anche la fortuna di avere un vero endemismo, il barbagianni di Sardegna Tyto alba ernesti classificato dall’ornitologo tedesco Kleinschmidt che, nel 1907, descrisse questa sottospecie tipica della Sardegna e della Corsica come Ernesti, in onore dell’ornitologo tedesco Ernest Hartert.
Questa era la prima puntata, i rapaci notturni italiani sono 10 quindi, se questo articolo vi è piaciuto sarà un motivo in più per seguirmi, ogni martedì pubblicherò una nuova puntata con una specie, della quale vi racconterò la genesi del nome. e alcune curiosità.  Che ne dite, alla prossima parliamo del gufo comune? 
Per informazioni o altre curiosità scrivetemi qui

citazione bibliografica: Moltoni E., 1946. L’etimologia ed il significato dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani. Riv. Ital. Orn., Milano, 16: 33- 50; 69-92; 133-162.


lunedì 26 gennaio 2015


Le sfumature grigio nebbia si dissolvono e all’improvviso compare la Dama Bianca

Domenica 12 gennaio 2015

Dopo un lungo weekend a base di birdwatching, il programma della serata che prevedeva inizialmente l’uscita notturna è decisamente funestato dalla presenza di un manto nebbioso che avvolge ogni albero, ogni casa, ogni cartello stradale... una soffice coltre grigia che oscura la serata e, ahimè, anche il nostro umore! 
A questo punto insieme a Chiara, Alice, Federica, Enrico e Giulia, ci consoliamo recandoci al ristorante King, nostro feudo gastronomico in queste serate sul delta, dove ci aspetta una buona pizza.
Finita la pizzata torniamo mestamente alle nostre camere, poiché le sfumature grigio nebbia avvolgono ancora ogni cosa e la nostra uscita notturna in cerca di gufi, svanisce ancor prima di ipotizzare un timido tentativo. 
A questo punto per concludere al meglio la serata, invece di giochi di carte, o di società ci dedichiamo ad una proiezione particolare. 
Enrico, nostro giovanissimo compagno di avventure gufesche, ci presenta qualche suo lavoro: ha appena 17 anni, ma alle spalle ha già una significativa storia di cacciatore di immagini video con fototrappole che adagia e nasconde sulle colline di Volterra. Protagonisti inconsapevoli dei suoi video sono civette e altri rapaci. 
Durante questa première, a parte me, la maggioranza di pubblico è al femminile e applaude e sorride davanti all’evoluzioni delle civette riprese nei cieli di Volterra. 
Ma la programmazione dei filmati si esaurisce e anche la serata, si sta per concludere con un giusto e meritato riposo. 
Giulia, Alice e Federica ci salutano e si avviano alle loro camere: la stanchezza per loro è più forte della nebbia.
Io, Chiara ed Enrico rimaniamo per sistemare i cavi, il proiettore e il pc, quando d’un tratto Chiara mi chiama alla finestra e, nemmeno fossi il suo fidanzato, mi lancia un simpatico sorriso, quasi ammaliante invitandomi a guardare fuori dalla finestra.
Con un tono un po’ troppo romantico mi dice:  “Marco, non ci crederai, vieni a vedere! Guarda che luna ?! E Le stelle ?”
Guarda che non sono il tuo fidanzato” gli rispondo un po’ preoccupato “queste sfumature romantiche dovresti riservarle alla tua dolce metà!”. 
In realtà sia io che lei, scambiandoci un’occhiata “gufesca”, ben nota a noi appassionati di osservazioni notturne, sappiamo bene che questa frase non ha alcun sfondo romantico, ma è solo l’approccio per capire se nonostante l’ora tarda, la pensiamo allo stesso modo. E' questione di gufeeling.  
Ad entrambi è comparso lo stesso fumetto: “si può ancora pensare di fare un’uscita notturna per vedere i gufi e le civette?
Enrico ci guarda stranito e con curiosità, avvertendo che sta per accadere qualcosa. Rompo gli indugi ed esclamo: “Dai forza veloci, ragazzi! Prepariamoci! Cosa aspettiamo andiamo a cercare questi gufi!” 
Quasi per magia gli sguardi di Chiara ed Enrico si riempiono di adrenalina gufosa, conosciuta solo da coloro che amano i predatori della notte. Io e Chiara incrociamo i nostri sguardi complici: magicamente la luna ha dissolto ogni sfumatura di grigio, la nebbia non c’è più, inizia la ricerca dei gufi.
In soli dieci minuti siamo tutti pronti: torce, videocamere, macchine fotografiche, microfoni, cassa acustica, guanti e cuffie di lana e si parte.
Ci facciamo una promessa: una sola ora per cercare gufi, civette, barbagianni e vivere un emozionante incontro con i principi della notte.
Ognuno di noi sa, nel proprio intimo, che se la natura ci riserverà piacevoli incontri, anche i ritardi saranno permessi, poiché non siamo sul treno di pendolari della Milano- Varese!
Meta prevista: Boscone della Mesola.
Partiamo e dopo soli 5 minuti, su un pino a poca distanza dalla strada che porta al Boscone, scorgiamo tra i rami due ciuffetti eretti e due occhi spalancati che incrociano la nostra torcia.

Il primo gufo comune Asio otus della notte, fotografato da Chiara Guadagnini
Un gufo comune ci osserva tranquillo e sornione, per nulla infastidito dalla nostra presenza. Uno sguardo ipnotico che ci fissa mentre scattiamo una foto ricordo, che dedico a voi amici del blog.

Gufo comune Asio otus fotografato quella sera da Chiara Guadagnini a pochi metri da noi
Poco dopo una civetta si presenta a noi e ci fa divertire, poiché mentre cerchiamo di fotografarla lei decide di far la preziosa nascondendosi nella vegetazione ma senza volar via. E quindi si mostra in tutta la sua bellezza, per nulla infastidita, anzi forse sapeva che sarebbe finita su Owl storytelling!

Ecco la nostra civetta Athene noctua divertente e tutto sommato fotogenica fotografata da Chiara Guadagnini
Dopo aver incontrato ancora un paio di gufi e qualche civetta, che paiono giocare a nascondino con il chiaroscuro della notte, raggiungiamo il margine del Boscone della Mesola. Ovviamente non possiamo entrare e ci limitiamo di fermarci al confine.
Individuato un parcheggio, non ancora sazi degli avvistamenti fatti, ci fermiamo per tentare con il richiamo, di sollecitare gli allocchi.
L’inverno, ricordiamolo, è la stagione in cui questi rapaci mostrano tutta la loro impetuosità vocale e il canto aggressivo del maschio viene emesso per difendere il territorio da altri intrusi. 
Ovviamente gli allocchi non distinguono il richiamo acustico provenire dalla cassa Bose e ci scambiano per loro simili e quindi ci riservano il trattamento peggiore possibile! 
Ma è proprio quello che cerchiamo, ovvero scambiandoci per veri e propri intrusi pennuti, ci inondano di richiami e vocalizzi sempre più forti e frequenti.
Con il passare dei minuti si avvicinano e il loro canto di risposta diventa davvero forte. 
Per Enrico e Chiara è un’esperienza emozionante ed anche per me , che nonostante anni di esperienza e consolidata vita da gufologo, ogni giorno imparo qualcosa di nuovo su questi magnetici animali!
Un maschio di allocco, il primo a cantare, dopo un repertorio classico di hoot (questo il nome del canto degli allocchi), inizia ad emettere alcuni vocalizzi insoliti che incuriosiscono anche me, che di allocchi nella mia vita ne ho ascoltati svariate centinaia. 
Purtroppo, nonostante sia quasi l’una, le macchine continuano a sfrecciare vicino al nostro punto di sosta e diventa difficile proseguire con il playback per via del disturbo acustico prodotto dal traffico. Altre volte è capitato che io e Chiara facessimo tardi fino alle 4 del mattino, ma l’indomani è prevista una levataccia per andare a contare le anatre in alcuni valli di pesca sul Delta e quindi ci costringiamo a tornare alle nostre brande.
Il conteggio finale ci fa riconoscere tre maschi e due femmine di allocchi. Le femmine cantano preferibilmente in questo periodo (dicembre/gennaio) grazie al fatto che questo è il momento dell’anno in cui la scelta dei partners è in piena attività... quindi il canto è il modo migliore per mettersi in evidenza, e ricordiamo che sono proprio le Ladies Allocco che dovranno scegliere! 
Il potere tra i gufi è rosa! 
Siamo sulla strada del ritorno, ormai soddisfatti e a pochi km dal nostro caldo rifugio, quando gli abbaglianti incrociano lo sguardo fiero di un barbagianni che si staglia su un ramo, a pochi metri dal nostro mezzo. 
La dama bianca è davanti a noi più maestosa che mai! 
Con questo nome era chiamato il barbagianni in virtù del piumaggio candido del petto, che lo rende ancora più vicino al fantasma ineffabile della notte. 

Barbagianni Tyto alba, show tutto nel cuore della notte, presto in video su GUFOTUBE foto di Chiara Guadagnini
Incredibile ma vero, non si sposta di un centimetro. Concentrato in una vera operazione di “pedicure”: sospeso su una zampa in modo alternato, si pulisce con il becco prima l’una e poi l’altra zampa. Un autentico show davanti a noi che, quasi increduli, cerchiamo di fare tesoro di questo magic moment, sfoderando prontamente le nostre silenziose e innocue telecamere. 
Quando arriviamo a casa sono quasi le 2 di notte, il ritardo era prevedibile. 
Ora si dorme, ancor più felici! 

Se volete informazioni sulla tecnica del playback, chiedere notizie sui rapaci notturni o fare un’uscita notturna per vivere l’emozione di questi magici incontri, potete scrivermi qui
Presto on line il video su gufotube di questo curioso atteggiamento ripreso da noi con immagini esclusive di questo predatore elegante e silente.

domenica 25 gennaio 2015


Jurassic Boscone a Mesola tra cervi, allocchi, porcini e una nota thrilling

Venerdì 5 dicembre 2014 

Mi trovo a Mesola per un evento speciale che mi vede protagonista in varie attività organizzate dalla società Aqua, che da anni opera nel Delta del Po: la presentazione del mio ultimo libro “Gatti e Gufi”, di una mostra sulle civette, il tutto corredato da un’escursione diurna e una notturna alla scoperta di questi fantastici animali selvatici.


Castello di Mesola, ove ho tenuto conferenze, lezioni alle scolaresche e la mostra sulla civetta 

Proprio in previsione dell’escursione guidata, prevista per il giorno seguente e destinata al pubblico, abbiamo deciso di organizzare un sopralluogo, per verificare l’efficacia del percorso prescelto.
Ad accompagnarmi in questa avventura sono Irene e Valentina di Aqua, che negli anni scorsi hanno organizzato meeting, workshop, conferenze a Comacchio, Taglio di Po, Porto Tolle e in altri splendidi posti del Delta, nei quali ero il relatore.
Al mio fianco Chiara Guadagnini, cara amica, che in questo lungo weekend mi fa da preziosa assistente e fotografa.
Partiamo da Santa Giustina per una meta davvero mitica: il Boscone della Mesola; si tratta di una riserva naturale di dimensioni enormi se pensate che raggiunge gli 835 ettari!
Per darvi un’idea della grandezza, questa autentica foresta, situata a pochi passi dal mare è grande come 1400 campi da calcio! 
E’ curioso poiché si trova a poca distanza dal litorale, ma una volta tanto l’uomo ha mostrato come sia possibile compiere un mezzo miracolo, riuscendo a conservare quasi integralmente un bosco che oggi è riserva speciale, capace di tutelare in particolare il cervo che conta oltre 250 individui. 
Un modello unico per l’intera costa che si affaccia sull’Adriatico.

 
dove si trova Mesola

Marco durante una conferenza al Castello di Mesola

Questa riserva, tuttavia, è aperta al pubblico solo per un decimo della sua estensione e la restante parte è visitabile solo se accompagnati dal corpo forestale.
Ed è proprio nel cuore di questo scrigno, che ci apprestiamo ad entrare; raggiunto l’ingresso facciamo conoscenza con Mauro, che lavora da oltre un decennio qui nel Boscone. Mauro è una guardia forestale, uno di quegli uomini che vivono completamente immersi nella natura.
Scesi dall’auto e nei pressi della stazione della forestale, Mauro ci informa che il terreno è molto fangoso ed è per questo che, dopo un mini briefing, si decide di fare l’escursione optando per l’uso del furgone della riserva, alternato da brevi percorsi a piedi, ove lanceremo i richiami. Lo scopo ufficiale della serata è di verificare la presenza di allocchi, anche se in realtà, quest’area, è risaputo sia ricca di questi rapaci e quindi è solo un pretesto per passare una serata che, malgrado le avversità metereologiche, appare già come una notte magica.
Saliamo quindi tutti sul furgone militare della forestale, mentre Mauro si appresta a raccontarci qualche segreto della riserva. Intanto che scende per aprire i cancelli, io vivo la sensazione quasi di déjà vu cinematografico, ovvero lo scorrere dello storyboard di Jurassic Parc passa velocemente davanti ai miei occhi come se stessimo entrando nello scenario fantastico di quella vecchia pellicola, anche se ancora non sappiamo cosa vedremo e chi incontreremo. Forse non ci saranno i Tirannosauri, ma sono convinto che in un posto ove la natura è libera di esprimere la sua forza, gli animali saranno sicuramente riusciti a riprendersi i propri spazi.
Le buche nel primo tratto sono numerose; raggiunta una curva scendiamo dal mezzo; nemmeno il tempo di selezionare la traccia del canto per stimolarne la territorialità, quando minaccioso, forte e squillante arriva il primo grido nella notte: è un maschio di allocco.
Un canto spontaneo che lascia ben sperare. Mentre ci crogioliamo e mi preparo per lanciare il primo richiamo, sentiamo un altro maschio molto lontano, probabilmente si trova    oltre 500 metri. 
A questo punto, nonostante anni di uscite notturne ed esperienza super collaudata, quasi trepidante lancio il primo richiamo, come se fosse la mia prima volta. Gli allocchi, che sembravano pronti a scaldarsi, si zittiscono di colpo, mentre ironicamente Mauro ribadisce: “temo che il richiamo li abbia spaventati”, ma basta attendere una manciata di secondi e il concerto di allocchi comincia a pieno ritmo. Uno spettacolo! Si tratta di almeno 4 maschi di allocco, con grande gaudio delle dame di Aqua (Irene e Valentina) oltre al resto del team.


Allocco  foto di di Chiara Guadagnini

Trattandosi del primo post di questo blog, vi spiego brevemente i segreti del playback, per chi ancora non lo conosce. Con questa pratica è possibile contattare rapaci notturni solitamente elusivi. E’ una tecnica di ricerca, di cui parlerò più diffusamente in un altro post, che deve essere usata in modo appropriato e con le dovute conoscenze tecniche, al fine di non correre il rischio di disturbare la fauna in modo eccessivo.
Lanciando il richiamo di un allocco, abbiamo la possibilità di ascoltare i canti di alcuni individui conspecifici, che si manifestano usando particolari vocalizzi per difendere il proprio homerange dagli intrusi e io per questa sera, con l’uso del playback sarò considerato da loro un “ vero” allocco.
E’ venuto il momento di spostarci. Servirebbe un mezzo anfibio, visto che le gomme affondano in pozze fangose gradevoli solo ai rospi, ma l’inerzia del terreno semipalustre non ci ferma. Raggiungiamo una radura, dove la luna piena pare far capolino tra le nubi per rischiarare la nottata e regalarci una visione incantevole: decine e decine di cervi che per nulla impauriti dalla presenza del nostro furgone continuano a brucare tranquilli, spostandosi solo all’ultimo minuto per cederci il passo. Magia pura! 
Ancora pochi metri e ci fermiamo nuovamente per scendere dal mezzo.
Con gli scarponi imbrattati da questa poltiglia fangosa, nel buio avvolgente della notte, raggiungiamo il centro della radura, pronti per dar vita ad un nuovo concerto live. Pochi secondi di richiami e ancora una volta gli allocchi rispondono con forza e autorità. Qui ne troviamo almeno 3 e per un attimo si ode anche una civetta, dal centro della radura. I maschi di allocchi con forza, riprendono subito il sopravvento. Ci stiamo prendendo tutti molto gusto, dimenticando così il clima, non certo invitante.


Marco lancia i richiami per stimolare le risposte degli allocchi nel Boscone della Mesola
 (foto di C. Guadagnini)

A questo punto Mauro ci propone di andare a vedere un’altra radura, mentre il nostro entusiasmo sale alle stelle. Dopo qualche tratto a bordo del Ducato, nel mezzo dell’oscuro manto forestale si apre una radura con un’altra visione inimmaginabile: decine e decine di cervi si lasciano avvicinare lasciandoci increduli e sbigottiti! Una femmina di cervo addirittura non accenna a spostarsi, nonostante il suo sguardo si incroci con i fastidiosi fanali del ducato. A questo punto, per farla spostare, Mauro tocca appena l’acceleratore, quel tanto che basta per far rombare il motore del furgone, che fino ad ora era stato quasi impercettibile, data la velocità prossima allo zero. Con grande flemma la femmina, per nulla spaventata, ci lancia un ultimo sguardo e si sposta sorniona come se niente fosse accaduto. Incredibile e meraviglioso è il rispetto che sentiamo di avere per questi esemplari così preziosi per l’umanità, come tutti gli animali del resto.
Nel frattempo, mentre i fari del ducato militare illuminano stancamente radure e tracciati sterrati, mi rendo conto di una cosa davvero curiosa e forse mai provata: scorgiamo tutto attorno a noi il terreno completamente ricoperto da funghi, porcini e mazze di tamburo davvero gigantesche. Credetemi: mai visti funghi così grandi e così numerosi! Sembra davvero di ripercorrere le orme del celebre dottor Jan Malcolm nel mondo perduto di Jurassic Park.
Appena accenno questo dettaglio, Mauro sorride e mi dice: “beh… questo inverno il clima caldo e clemente, assieme a una gran piovosità hanno di fatto prodotto una crescita notevole di funghi, anche se siamo a dicembre.”
Alla faccia della crescita notevole… siamo di fronte ad un vero e proprio regno delle spore giganti! 
Ancora qualche minuto di rimbalzi sul fondo sconnesso e raggiungiamo una vasta prateria, dove, visto i precedenti, mi aspetto un altro grande exploit di allocchi.  A stupirci però, qualche minuto dopo, non saranno l’indomito coraggio e l’aggressività degli allocchi, quanto un’emozione inattesa e densa di tensione.
Mentre gli scarponi affondano nuovamente nel fango, prendiamo posizione ed io lancio il primo richiamo, per stimolare gli allocchi a rispondere in pieno owl playback style
Quando il mio sguardo incrocia qualcosa di strano. 
Siamo nella riserva da oltre 40 minuti e pare davvero di essere nel mondo perduto del Grande schermo, poiché le uniche presenze umane siamo noi e nel cuore di questa foresta prevale il solo chiarore magico della luna parzialmente liberata dalle nubi. 
Ma ecco d’improvviso la serata assume un risvolto da vero thriller: due piccole lucine al led si muovono nell’oscurità del bosco.  
Qualcosa non quadra.
Mi volto di scatto verso Mauro, notando subito che, il suo atteggiamento da gioviale e spensierato, si trasforma in guardingo e preoccupato. La sua voce, perentoria quanto la sua disamina, ci sussurra con autorità: “Sono bracconieri! è meglio che saliate sul furgone”. Mentre le ragazze salgono per prime sul Ducato, gli chiedo di spiegarmi meglio di che si tratta. Mauro sottovoce mi confida che potrebbero essere, quasi sicuramente, dei bracconieri e per la nostra incolumità è meglio salire sul mezzo per spostarsi.
Una volta saliti ci spiega cosa intende fare: non vuole metterci in alcun modo in pericolo, ma nel contempo ha intenzione di disturbarli per invitarli ad allontanarsi. Quindi con il ducato verde mimetico, percorriamo un paio di stradine ancor più piccole e accidentate e girando intorno ai bracconieri, che in men che non si dica, si inabissano nella selva oscura. A questo punto Mauro ci spiega meglio a cosa abbiamo assistito.
Le probabilità sono due: o si tratta di fungaioli che tentano di approfittare del paradiso terrestre di funghi, o peggio ancora veri bracconieri armati, che tentano di cacciare di frodo qualche cervo. Ci racconta anche dei poveri cervi che alcune volte vengono abbattuti, ne vengono tagliati i pezzi di carne più pregiati e lasciate le carcasse a terra.
La versione del fungaiolo è la più probabile e quella che tra i due mali ci auspichiamo, guardandoci l’un l’altro con tristezza immensa.
Non avevo mai toccato da vicino le difficoltà e i rischi di coloro che compiono questo lavoro per salvare il patrimonio naturale italiano dai soliti autentici imbecilli. 
Il boscone della Mesola è infatti un’area visitabile solo previa richiesta scritta al comando della forestale e ogni persona all’interno del parco senza autorizzazione è perseguibile legalmente, figuriamoci se tentano di portar via funghi o cervi!
La serata si conclude con avvistamenti di altri cervi e allocchi che accompagnano la nostra uscita, anche se la magia di questa meravigliosa escursione è stata spezzata dall’idiozia umana.
Una notte che ricorderò più di altre...gli allocchi erano tanti e ascoltarli, con tutte le loro declinazioni vocali, è stato emozionante, ma mai avrei pensato di vivere una serata thrilling a metà tra Jurassic e Gorky Park! 
Sono certo, che l’indomani, il gruppo che accompagnerò come guida in questo paradiso, avrà la possibilità di vivere un’emozione intensa, sperando di non incappare di nuovo nei soliti ignoti idioti!
Alla prossima ... se avete domande e commenti sono sempre graditi e se mi scrivete sarà un piacere rispondervi! scrivetemi qui 

le foto sono di Chiara Guadagnini 




sabato 24 gennaio 2015

Cari amici dei gufi e delle civette,
dopo oltre 25 anni dedicati allo studio, alla divulgazione e alla conservazione dei rapaci notturni, ho capito che è venuto il momento di iniziare un qualcosa di veramente diverso. Finora il mio format di divulgazione si è sviluppato attraverso libri, conferenze, presenze in tv, articoli e affini.
Da oggi avverto il desiderio di creare una sorta di piattaforma mediatica di grande impatto informativo e grafico, dedicata a tutti coloro che cercano informazioni, emozioni e un po’ di svago, con la possibilità di parlare, osservare e perché no, provare dal vivo l’emozione di un incontro con un rapace notturno libero in natura! 
Perché questa è la mia vita, il mio lavoro, ma ancor prima la mia “passione”!!!
Per questo ho deciso che, a partire da quest’anno, dedicherò tempo e passione come mai in passato, non solo ai miei cari gufi, ma anche a coloro che si vogliono avvicinare a questo mondo, mettendo a disposizione tutta la mia esperienza e conoscenza.
Unica condizione richiesta a coloro che mi contatteranno, è il rispetto dell’etica nel mio approccio agli animali.
Ecco perché nasce questo blog, perché amo scrivere, amo raccontare e unendo queste prerogative alla mia passione è nato questo progetto di OWL STORYTELLING.
Risponderò a tutti coloro che vorranno parlarmi, chiedermi informazioni e perché no, collaborare attivamente in base al tempo disponibile.
Un blog speciale 100% gufi, un canale YouTube dal nome Gufotube e poi il mio sito web mastrorilli.it  nel quale troverete articoli e dossier da scaricare in pdf.
Un progetto multimediale che si sta sviluppando con la collaborazione di alcuni amici e amiche che voglio qui ringraziare e che avrete modo di conoscere seguendo questo blog. 

Qui inizia l’avventura di OWL STORYTELLING che spero vi appassionerà!

foto di Chiara Guadagnini