lunedì 17 febbraio 2020

Le "fabule" di Fedro e la Civetta


Per ricominciare dopo mesi e mesi d'inattività, ho pensato di scrivere un primo post, dedicato alla civetta che è il rapace che amo di più e alla cultura ellenica e latina che amo tantissimo. 
Prova ne sono i numerosi libri, mai impolverati adagiati sulla mia libreria. 
E proprio di libri e civette parliamo in questo post, facendo un gran salto all'indietro nel tempo. 

La Civetta protagonista della favola di Fedro (ph. Wildlifeworld)
Il passaggio dal periodo di dominazione culturale ellenica a quello romano, segna un mutamento nella proposizione delle favole.
Ricordiamo anche che la favola era principalmente un racconto affidato alla tradizione orale e non scritta. 
Percorsi narrativi quelli delle favole con profondi messaggi morali, che servivano come esempi e metafore della vita ed erano destinati agli adulti. Solo nell’ultimo secolo hanno acquisito una valenza anche tra i bambini, grazie ad adattamenti e ad un cambio della cultura generale nella popolazione. Non dobbiamo dimenticare che in epoca antica la capacità di leggere era un privilegio per pochi. La cultura stessa era un privilegio di pochi eletti.
Era altresì un’abitudine, che lasciava peraltro trasparire il grande rispetto dei dotti latini verso la cultura ellenica, civiltà di grande prestigio filosofico. Riproporre, pertanto, i classici delle letteratura e filosofia greca, attraverso un’opera di presunto perfezionamento stilistico fu una delle grandi azioni condotte dal popolo romani.
Un trend al quale non potè fuggire nemmeno il patrimonio favolistico di Esopo. 
Il protagonista di questo rilancio letterario e culturale fu un grande e celeberrimo autore latino: Fedro, colui che ripropose il genere della “fabula” nell’antica Roma.
Le opere di Esopo furono tradotte, molto parzialmente riadattate talvolta con animali più comuni nel comprensorio italico e riproposte in raccolte da questo cantore latino. 
Su questo argomento vi rimando alla consultazione del libro intitolato “E la volpe disse all’uva” edito da Teramata edizioni nel 2009, che analizza il ruolo degli animali nelle favole (clikka qui per averlo). 

In realtà la figura di Fedro è forse più enigmatica di quella di Esopo, forse entrambi non sono mai nemmeno esistiti e questo non devo sorprenderci. Pensate che persino oggi una delle scrittrici italiane più in auge è la fuggevole figura di Elena Ferrante. Ovviamente il raffronto è puramente simbolico, ma vi fa riflettere, che in un’epoca così lontana, in cui solo poche persone leggevano, in cui non vi era il tam-tam mediatico dei nostri giorni era plausibile la storia di Fedro, personaggio forse inventato.
Le notizie assai scarne relative alla vita del favolista latino pongono dubbi persino sul suo vero nome: Fhaeder o Fhaedrus?
E’ probabile che il secondo sia il vero nome dell’autore latino, nato probabilmente tra il 20 ed il 15 a.C. ed anch’egli, come Esopo, provò la vita da schiavo, poiché dalla sua originaria Tracia fu condotto in schiavitù sino a Roma.

antica statua di Fedro

E’ invece certo che la sua vita da schiavo fu costellata di circostanze fortunate: Fedro venne assegnato alla famiglia dell’imperatore Augusto e inizialmente era un servo.
Poiché risiedeva nelle dimore imperiali, gli fu permesso di studiare e lo stesso imperatore, conoscendolo, lo affrancò donandogli la libertà, come appare in questa  foto con una trascrizione latina del 1693. 

Una vecchia edizione delle favole di Fedro del 1693

Un cambiamento che consentirà a Fedro di generare un vasto repertorio letterario che trovò nelle favole la massima espressione.
Tra queste favole ne ricordiamo una particolare, che ci permette di comprendere meglio il ruolo della civetta.
Ecco una civetta protagonista comparire in una favola compresa nella sua raccolta: Fedro: La cicala e la civetta (Libro Terzo - XVI. Cicada et noctua).
La Civetta, che di giorno predilige riposare per riprendersi dalle faticose attività di caccia notturna, era anch’essa disturbata dalla cicala. Anche se il concetto di disturbo in questo caso è una sottile forma di antropomorfia. I ripetuti inviti a desistere dal cantare non furono mai assecondati dalla cicala e questo fu sufficiente alla civetta ormai esasperata, a farle compiere un gesto estremo per spegnere quello schiamazzo per sempre.
Nella fabula la La civetta e la cicala, la piccola predatrice per ingannare l’insetto invita la cicala nella sua dimora stimolandola ed invitandola a sorseggiare un dolce nettare e dedicandole un festino in onore delle sue aggraziate doti canore.
Altro non è che un sagace inganno; la cicala una volta nel tronco scelto dalla civetta come nido, viene aggredita e mangiata dal predatore alato.
Una metafora che calzava perfettamente con le frequenti vendette e le congiure  ordite nell’antichità, quando le persone che davano fastidio erano eliminate senza tentennamenti.
La scelta della civetta come nemico della cicala era davvero indovinata, poiché questi uccelli notturni sono abilissimi nel predare gli insetti, talvolta anche di giorno.
I recenti studi sui sistemi trofici dei rapaci notturni hanno evidenziato interessanti adattamenti e catture curiose che mi permettono di affiancare qualche commento alla “fabula” originale di Fedro.
La civetta, più di ogni altro rapace notturno del Mediterraneo, cattura le proprie prede al crepuscolo, all’alba e persino in pieno giorno.
Gettando uno sguardo sulla spettro alimentare della Civetta scopriamo che la sua dieta è tra le più poliedriche nel panorama dei rapaci europei, in inverno, quando gli insetti sono assenti, invece di migrare, la civetta si adatta cacciando piccoli roditori ed uccelli.
Al ritorno del caldo e della bella stagione, il nostro piccolo rapace torna a privilegiare insetti di ogni sorta non disdegnando gli ortotteri (cicale e cavallette). 
Non stupiamoci scoprendo, quindi se nel sistema trofico della Civetta compaiano lombrichi, lumache, formiche e persino,  seppur saltuariamente, i ragni. 
Ma qualcuno si dedicato a scrutare la dieta della Civetta!
Una scrupolosa indagine condotta in Italia sui regimi alimentari della Civetta ha evidenziato le prede inusuali di questo piccolo Strigiforme.
Tra le prede meno frequenti fanno capolino curiosamente anche gli scorpioni e i geki. Quest’ultimi, vivono in diverse città italiane, a Roma, ad esempio, questi piccoli sauri sono molto comuni e muovendosi preferibilmente nell’oscurità divengono potenziali prede dei rapaci notturni. A volte le scienze naturali permettono anche osservazioni davvero singolari, come accadde qualche anno fa. 
In Piemonte, al limite di una risaia, fu osservata una Civetta che trasportava tra gli artigli una natrice dal collare, ai più nota come biscia d’acqua. Spaventata dal naturalista la Civetta lasciò cadere il rettile che poté essere misurato: era lungo ben 28 cm., quasi il doppio del predatore!

civette che hanno predato un geco (ph. Andrea Daina Palermo) 

Non meno stupefacente è scoprire una curiosa specializzazione della civetta: più di molti altri predatori alati si alimenta con regolarità delle lucertole, che sono catturate quando i rettili si espongono sui muretti per termoregolarsi al sole.
Ancor più curiosa è la prefazione del Gambero della Luisiana, introdotto in Italia si espanse ed in un nido di civetta del veneto sono stati rinvenuti diversi resti e le chele di alcuni gamberi di fiume americani. 
Questo mostra la duttilità di questi piccoli ma indomiti predatori, tanto amati nell’Antica Grecia e in parte a Roma. 

Catture in piena luce che stridono con la rievocazione della favola di Fedro, ma testimoniano la variabilità dei banchetti delle civette!

Spero vi sia piaciuto il post, vi aspetto alla prossima! 

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